Palazzo Merulana, sede della Fondazione Elena e Claudio Cerasi, gestito e valorizzato da Coopculture, è lieto di presentare Anna Maria Fabriani. Riverberi e trame dalla Scuola Romana, a cura di Sabina Ambrogi con testi critici di Giulia Ambrogi.
L'intera esposizione è una sorta di documentario pittorico e uno studio lungo cento anni della pittrice Anna Maria Fabriani, nata a Roma nel 1924, formatasi a contatto con la Scuola Romana. E' la prima retrospettiva del suo lavoro e della sua ricerca artistica ed espressiva, iniziata con l'apprendimento del mestiere all'Accademia delle Belle Arti di Roma, sul finire degli anni '40, quando instaura un vincolo artistico con Carlo Socrate. E' dunque, sotto diversi aspetti, un'erede diretta – oggi centenaria - di quella stessa tradizione pittorica del Novecento. La mostra raccoglie opere provenienti da diversi prestiti di privati e inizia da “Ritratto a Maria Magris”, databile alla fine anni '40, fino a “Natura morta con limoni e Amaro del Capo”, eseguita intorno al 2016. Nel corso del tempo la pittura di Anna Maria Fabriani stabilisce una sorta di permanente dialogo con il suo maestro per l'incidenza esclusiva che questi ha avuto nell'insegnamento delle tecniche e del metodo pittorico, della ricerca del colore, della messa in scena degli oggetti nello spazio. L’obiettivo è quello di concentrarsi sulla visione del vero, nella sapiente relazione prodotta tra forme classiche e studio della luce e dei toni. L'attività artistica di Fabriani si divide in due fasi: inizia verso la fine degli anni '40 e si interrompe negli anni '70, riparte nel 1997 e va avanti fino al 2016, come si segnala nel percorso espositivo. Un' interruzione di un'attività e di un ragionamento artistico che, come un fiume carsico, rivede la luce, arricchito di nuove visioni contemporanee. L'artista attinge a un passato in continua tensione con il presente, esclusiva e unica testimonianza di una lunga storia restituita da inquadrature pittoriche, come frammenti di un solo e articolato discorso. E’ frutto di un percorso di investigazioni intime sul reale, tramite un vero e proprio culto del mestiere d’artista, forse uno dei tratti più forti che la saldano al periodo della Scuola Romana e alla frequentazione di Villa Strohl Fern. Un culto, nel suo caso totalmente disinteressato, che non aveva necessità di essere tradotto in visione pubblica ma con l'ambizione di crescere sempre all'interno di esercizi pittorici quotidiani. Se nella prima fase pittorica, intesse un legame profondo e intimo con la tradizione del Novecento di Carlo Socrate, guardando al più recente passato della luce mediterranea di Matisse e degli Impressionisti francesi – tratto distintivo del dipinto “Cecilia”, simbolo della mostra - nella seconda fase, quando riprende a dipingere dopo la morte del marito e lavora unicamente nella camera da letto diventata questa il suo atelier esclusivo, compare una ricerca della conciliazione con l'arte moderna, e l'attenzione che il maestro Socrate aveva messo su Cézanne, dalle sagome marcate e i colori decisi. La pittura di Fabriani si fa, dunque, anche memoria e arte manuale da sostenere, nutrire e portare avanti nel nome di una tradizione che sempre più lasciava posto a sperimentazioni concettuali, in quella riproducibilità dell'opera d'arte a cui l'artista si oppone proprio con il perfezionare della tecnica pittorica.
Where
Via Merulana,121, 000185
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